L'esplorazione corporea di questa tradizione si sviluppa senza l'idea di uno scopo da raggiungere. Estremamente meditativa, questo approccio rivela i blocchi corporei e gli antagonisti psicologici. La sucessione lenta delle posture, asanas, il lavoro del soffio, pranayama, l'evocazione della sensibilità del corpo come delle immagini del corpo che spaziano nel vuoto fanno eco alla nostra libertà naturale e rivelano degli spazi di tranquillità dove nessun giudizio o commento appaiono.

Il postulato dello Yoga del Kashmir è che ognuno porta dentro di sé la potenzialità della libertà. Questa libertà non è il frutto di una ricerca, di un'ascesi, di un lavoro. La libertà è quello che è li, in ogni istante, quando smettiamo di pretendere il contrario. Si parla di “via negativa”, perché l'accento non è messo sui mezzi per fare l'esperienza della tranquillità ma su quello che ce lo impedisce. Così la pratica dello Yoga non è altro che un supporto per lasciare attualizzarsi quello che è li da sempre. 

Chi sono prima del pensiero? Che cosa succede quando smetto di proiettare, di chiedere? Lo yoga è l'arte dell'ascolto, intensa presenza a quello che si presenta.