Jean Klein “2”

Come cambiò la sua vita, quando l’insegnamento perse per lei la sua concretezza e si produsse lo spostamento dell’accento dall’oggetto-simbolo al soggetto?

Avendo perso la loro concretezza, gli antichi schemi del pensiero e dell’azione – relativi alla falsa identificazione con il corpo – non ebbero più presa. Si produsse quella riduzione della dispersione in orientamento di cui ho parlato prima, e si rafforzò il presentimento delle verità. Esso divenne sempre più vivo e meno concettuale. Questo “essere comprensione” diede alla mia vita una nuova direzione. Ogni cosa era percepita in modo nuovo. Divenni meglio capace di discernere e, benché non compissi dei mutamenti volontari, scomparvero dalla scena molte delle cose che in precedenza avevano occupato un posto nella mia esistenza. Ero stato attirato da nomi e forme, avevo lottato per appropriarmene, ma con il nuovo orientamento delle energie si stabili un altro ordine di valori. Non interpreti questo come adozione di un nuovo tipo di moralità. Nulla era stato aggiunto o tolto. Semplicemente divenni consapevole della “chiarezza”, sattva ( termine sanscrito con cui si designa intelligenza, luminosità, trasparenza e bontà), e da questa consapevolezza sgorgò naturalmente una trasformazione.

Il mio maestro mi spiegò che questa luce, che sembrava provenire dall’esterno, era in realtà la luce riflessa dal Sé. Nelle mie meditazioni io ero visitato da questa luce e ne ero attirato; essa mi dava una più grande chiarezza nell’azione, nel pensare e nel sentire. Il mio modo di ascoltare divenne incondizionato, libero del passato e dal futuro. Questo ascolto non condizionato mi condusse a un’attenzione recettiva, e assumendo familiarità con questa attenzione mi trovai libero da ogni aspettativa, da ogni volizione. Mi sentii stabilito in questa attenzione, un completo aprirsi alla consapevolezza.

Un mutamento improvviso accadde una sera sul lungomare di Bombay. Stavo guardando gli uccelli volare, senza formulare un pensiero o un’interpretazione, quando fui completamente preso da essi e avvertii che ogni cosa stava accadendo dentro di me. In quel momento conobbi me stesso consapevolmente. La mattina successiva seppi, di fronte alla molteplicità della vita quotidiana, che “essere comprensione” si era determinato. L’auto-immagine si era totalmente dissolta, e libero dal conflitto e dall’interferenza dell’immagine dell’io, tutto ciò che accadeva apparteneva all’essere consapevolezza, alla totalità. La vita scorreva senza essere attraversata dalle correnti dell’ego. La memoria psicologica, il piacere e il dispiacere, l’attrazione e la repulsione, erano svaniti. La presenza costante, che chiamiamo il Sé, era libera da ripetizione, memoria, giudizio, comparazione e valutazione. Il centro del mio essere era stato proiettato spontaneamente fuori dal tempo e dallo spazio in una calma senza tempo. In questo non-stato dell’essere la separazione tra “tu” e “io” svaniva completamente. Nulla appariva fuori. Ogni cosa faceva parte di me, ma io non ero in essa. C’era soltanto l’unità.

Conobbi me stesso nell’accadimento presente, non come un concetto, ma come un essere senza localizzazioni nel tempo e nello spazio. In questo non-stato c’era libertà, piena gioia senza oggetto. C’era puro ringraziamento, senza oggetto di cui ringraziare.

Non era un sentimento affettivo, ma una libertà da ogni affettività, una freddezza prossima al calore. Il mio maestro mi aveva offerto la comprensione di tutto ciò, ma ora io ero diventato una vivida ed integrata verità.